Giorgio, nell’ultimo comunicato che l’Ufficio Stampa di Biella Festival Autori e Cantautori ha inviato in questi giorni, si legge nel contesto della presentazione della prossima edizione della manifestazione che si tratta di una rassegna dedicata alla canzone d’autore emergente e non di una semplice passerella di musica “accatastata”. Che significa “musica accatastata”?
Negli ultimi anni, nell’ambito musicale, ma non solo, sempre più frequentemente, mi è capitato di imbattermi in “contenitori”, siano essi fiere o rassegne, che paiono degli enormi panini troppo farciti. E quando un panino è troppo farcito, il mix di gusti che lo caratterizza, alla fine impedisce di apprezzare la qualità del cibo. Rassegne teatrali con due spettacoli per sera, workshop, convegni, aule didattiche; rassegne musicali con decine di stand, palcoscenici, venditori di strumenti musicali con suoni che s’intrecciamo e si accavallano. Questa è la musica “accatastata” così come la vedo io. Luoghi in cui ci sono riflettori ovunque, ma alla fine ti accorgi che in realtà non si è acceso nulla.
Biella Festival invece?
Biella Festival è una rassegna dedicata alla canzone d’autore emergente. Chi vuole prendervi parte deve proporsi con un brano inedito. Se entra tra i 20 finalisti viene ad eseguire il suo brano sul palcoscenico del teatro Sociale “Villani” e mentre canta non ci sono altre 10 performances sparse per altrettanti angoli del teatro; non ci sono venditori di trombe e tamburi che esibiscono le meraviglie dei loro strumenti; non ci sono radio private con il volume a palla sui programmi che stanno mettendo in onda in quel momento; nè salette nelle quali si scinde l’inscindibile. C’è l’artista sul palco, c’è il pubblico in platea. L’artista canta, il pubblico ascolta. E’ semplice, ma fondamentale. Perchè si tratta di rispettare il lavoro altrui, senza accatastarlo con quello di altri. Ma oggi sembra così difficile….
E perchè sembra o è tanto difficile?
Perchè dell’artista in fondo non gliene frega nulla a nessuno. Tanto danno tutti per scontato che anche se è bravo non ce la farà mai, come lui ce ne sono altri mille e non venderà un disco quindi…..meglio accanirsi su ciò che fa mercato, cioè la vendita di strumenti musicali, libri, supporti informatici oppure buttarla in sociopolitica facendo convegni sul ruolo della musica o del teatro o del cinema nella società, sulle tendenze angloafropakistane nel tessuto sociale mediterraneo ed altre simili amenità. Cose che non accadranno mai, ma poichè c’è gente pagata per disegnare scenari fantasiosi, si giustificano improbabili stipendi. Che non portano nulla alla musica, al teatro, al cinema nè, tantomeno, agli artisti emergenti.
Conclusioni?…..
Torniamo alla semplicità. Torniamo alla cura del prodotto e, soprattutto, al rispetto per le persone. Torniamo alla valorizzazione dell’artista scoprendolo, conoscendolo, correggendolo e consigliandolo. E se decidiamo di investire un euro su di lui, facciamolo ponendolo nelle condizioni che possa offrire il meglio di sè. Probabilmente non ce la farà, ma avrà comunque avuto la consapevolezza di essere stato posto nelle condizioni di giocarsi sino in fondo le proprie chances.