Questi ragazzi che hanno fatto Biella Festival. Questi ragazzi venuti spesso da lontano per raccontare in tre minuti o poco più il loro sogno. Questi ragazzi, talvolta troppo esuberanti quando fuori dalle scene, a volte, fanno fatica a vivere la vita reale. Questi ragazzi mi piacciono. Perchè tra loro ci sono universitari che hanno deciso di usare il patrimonio della cultura per stare più consapevolmente fuori dagli schemi. Ci sono giovani senza lavoro, ma con una ricchezza che non sta nel portafogli, ma nel cuore. Ci sono ragazzi che spesso hanno già conosciuto l’aspetto ruvido della vita di ogni giorno, quella convenzionale, quella che i conformisti non riescono a scindere dai sogni e nonostante tutto riescono ancora a sognare. Ci sono ragazzi che hanno sofferto davvero, che stanno soffrendo, che forse soffriranno, ai quali dobbiamo dire che la musica, le canzoni, le parole che un cantautore cerca per esprimere le proprie sensazioni, possono dare voci a molti volti anonimi ed a tante sofferenze inespresse, possono rappresentare il pensiero di chi non sa più che pensare, possono dare conforto a chi non si ritrova. Un festival di cantautori non è solo una passeggiata tra le note. E’ un’antologia di esistenze. Ma per accorgersene occorre avere ancora la consapevolezza di esistere.